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Ciao don,
 
consentimi di rivolgerti con il termine con cui la comunità di Valmadrera ti ha sempre chiamato e consentimi un saluto e un grazie non formale, forse non da sindaco, a nome di tanti valmadreresi.
Grazie dunque per la tua presenza da educatore, sacerdote e insegnante, una presenza appassionata e motivata, che è riuscita a formare giovani partecipi della comunità e interessati anche ai temi della solidarietà e della giustizia sociale, proponendo loro modelli alti per affrontare con responsabilità ed entusiasmo la vita.
E hai parlato a tutti, in modo chiaro, evidenziando che il Vangelo e l’essere credenti non si ferma solo alla Messa, alle presenze, alle forme, ma che proprio nelle Beatitudini, sta scritto: “Beati i poveri”.
Lo hai rivolto anche a noi amministratori questo appello, se la politica è davvero prendersi cura della propria città, ci hai parlato di inclusione sociale, di accoglienza dello straniero, di fratellanza universale.
Erano e sono le parole del Vangelo, di Papa Francesco nella “Fratelli tutti”, ricordandoci che il Buon Samaritano anticipa il bisogno per evitare di dare il soccorso dopo, in un’ottica dove nessuno deve qualcosa a un altro se non la reciprocità dell’amore.
Lo hai evidenziato questo valore dell’accoglienza nel tuo quotidiano lavoro in oratorio e questo ci ha interpellato, talvolta inquietato perché chiamava a rispondere il sacerdote o il levita, o laicamente, il don Abbondio che abita in ognuno di noi.
Hai interrogato l’ipocrisia o la coerenza tra le nostre parole e la vita, un po’ come accadde ai ricchi notabili di Assisi che nella Basilica di S. Francesco, dove si possono ammirare affrescate da Giotto ventotto scene che narrano la vita del Santo, non vollero pagare la realizzazione della ventinovesima scena, quella del bacio e dell’abbraccio di San Francesco con il lebbroso a Rivotorto.
Stai per partire per un Paese in un viaggio che religiosi e laici di Valmadrera hanno già percorso a lungo e forse per questo, nel recital di domenica, i tuoi giovani hanno ricordato che “parte anche chi resta”, perché anche qui sentiamo il bisogno di avere fame e sete di giustizia. Non casualmente Paolo VI ha sempre sottolineato che “i giovani hanno bisogno più di testimoni che di maestri”.
Hai risposto loro con la canzone “Ama e cambia il mondo”, per ricordare la responsabilità e l’impegno quotidiano di ognuno di noi per diminuire e alleviare le ingiustizie che colpiscono gli ultimi.
Don Milani ha scritto: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel nostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri”.
Era un profeta disarmato che parlava come in un tramonto e oggi la sua parola rivela l’intensità della luce.
La tua scelta don Tommaso, a qualcuno è sembrata sorprendente, ma in effetti è stata la logica coerenza con quanto ci hai comunicato, offerto, incitato a fare in questi dieci anni.
Hai scelto di stare in mezzo agli ultimi, che quella era la prossima tappa del tuo percorso: ci sono gesti che valgono più di tante belle parole, sono VITA.
Buon viaggio, don.
 
 
Il Sindaco
Antonio Rusconi

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