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RIFORMA QUOTA 100, IL GOVERNO NON DIMENTICHI CHI È GIÀ IN PENSIONE

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Lo Spi Cgil Lecco interviene nel dibattito sulla riforma del sistema pensionistico e sul superamento di quota 100, che sta animando in questi giorni il confronto politico. Bisogna da subito coinvolgere il sindacato nella discussione, – la posizione dello Spi lecchese – occorre poi che la riforma abbia un carattere stabile, continuare a cambiare le condizioni per l’accesso alle pensioni genera insicurezza e rende difficile poter pianificare la propria vita futura, come pure rappresenta un elemento di incertezza per le imprese.
Ma – continua il sindacato – è importante pensare anche alla condizione di chi oggi è già pensionato. Il potere d’acquisto dei pensionati infatti sta scendendo di anno in anno anche a causa del taglio della perequazione, ovvero del parziale adeguamento dell’importo delle pensioni alle variazioni del costo della vita.
Il meccanismo è stato modificato più volte di recente: tagliare la perequazione è infatti un metodo veloce e immediato per i Governi per fare cassa e finanziare così provvedimenti di altra natura. Secondo le relazioni tecniche della Ragioneria dello Stato, la riduzione di spesa dal 2012 ad oggi per quanto riguarda la perequazione delle pensioni ha superato i 64 miliardi di euro. Ciò vuol dire che tra i pensionati c’è chi ha perso, alla fonte, tra i 4500 e gli 11500 euro. Come è evidente dunque il taglio, protratto nel tempo, compromette pesantemente il potere d’acquisto, rendendo molti pensionati sempre meno abbienti.
“Noi pensionati non vogliamo sottrarci alle politiche solidaristiche, – spiega Pinuccia Cogliardi, segretario generale dello Spi Cgil Lecco – ma queste devono essere realizzate attraverso una equa politica fiscale, che coinvolga tutti i cittadini allo stesso modo. Agendo sulla perequazione invece si penalizzano solo i pensionati, – sottolinea Cogliardi – la categoria di cittadini che già paga più tasse in assoluto.
Tornando alla discussione sul superamento di quota 100, lo Spi chiede che non si escludano alcuni temi. La situazione femminile, che presenta elementi penalizzanti, a cominciare dal ruolo di cura che dovrebbe essere riconosciuto a livello previdenziale, e quella di chi svolge lavori usuranti, recenti studi confermano infatti come l’aspettativa di vita sia in molti casi direttamente collegata alla tipologia di occupazione.

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