Lecco, 13 marzo. Il freddo resoconto finale parla di 262 vittime: tra loro ben 136 immigrati italiani, arrivati fin lì per quel lavoro e quella paga sicura che l’accordo tra Stato italiano e Stato belga, siglato fin dal 1946, sembrava assicurare. Gli italiani, a Marcinelle, trovavano sì una paga sicura, ma pure condizioni lavorative estreme e pericolose, in un ambiente sociale e culturale ostile e certamente non accogliente.
Di questo si rifletterà, lunedì 18 marzo per iniziativa della Galleria Bellinzona e del Centro culturale Alessandro Manzoni, grazie in particolare al contributo della professoressa Laura Polo D’Ambrosio, docente al Liceo classico Manzoni di Lecco, studiosa di storia dell’arte e critica apprezzata ben oltre i confini della nostra città, curiosa e attenta investigatrice del valore comunicativo e del significato dell’opera d’arte e del mondo del suo autore.
Sarà una riflessione a tutto campo, al centro quella “Morte del Minatore” che tanto deve alla “Crocifissione” cinquecentesca di Grunewald, oggi esposta nel Museo Unterlinden di Colmar, in Alsazia: una Crocifissione che ha segnato in profondità l’arte moderna e contemporanea, anche quella apparentemente lontana dai temi religiosi ma certamente appassionata all’uomo, al suo dolore, alla sofferenza, al loro significato in ogni singola esperienza umana. Davanti a tanto dolore, davanti all’orrore, “cosa può fare l’uomo – sottolinea Laura Polo D’Ambrosio – se non trovare un modo per permettere la rigenerazione dell’umano tra le ceneri? L’artista deve opporre resistenza all’idea che tanto così va il mondo… La salvezza – aggiunge la professoressa Polo citando Elias Canetti – consiste nel non voltare il capo” davanti a tutti gli orrori che incombono sull’umanità.
Il giovane Vaglieri, in quell’estate del 1956 ha 27 anni, insieme all’amico Gianfranco Ferroni ha appena visitato la Sicilia da dove provengono molti di quegli emigranti: “Da quella esperienza – scrive Elena Lissoni nel catalogo della mostra lecchese – nascono alcune delle opere più violente e straordinarie di Vaglieri: grandi teste drammatiche che urlano una protesta, scene di vita tribale e ancestrale dipinte con una accentuazione espressionistica assai evidenziata e con colori e materia quanto mai violenti… La Sicilia diventa un luogo senza tempo dove uomini e donne sono umiliati dalla violenza e dalla fatica”. Poi Marcinelle…
L’urlo impietrito del minatore ucciso dal grisou nei cunicoli sotterranei di Marcinelle si materializza sulla tela di Vaglieri nel Cristo Crocifisso della tradizione e della fede cristiana, che rivive nell’attuale momento liturgico della Quaresima, in vista della Settimana Santa e della Pasqua di Resurrezione. La storia di Vaglieri è un’altra, è vissuta di una cultura ideale e politica diversa, affascinata dal richiamo del comunismo e poi delusa da un realismo, anche in pittura, che si ferma “alla rappresentazione epica e trionfalistica di un popolo in rivolta – scrive ancora Lissoni -, diventando spesso docile interprete delle istanze della politica”. Non può bastare, questa risposta, alle domande sul destino spesso doloroso dell’uomo che Vaglieri e altri giovani artisti come lui – protagonisti di quell’esperienza artistica poi definita “Realismo esistenziale” – continuano a porsi informando vitalmente e profondamente la loro opera.
La mostra
Tino Vaglieri. Dalla Sicilia a Marcinelle. Estate 1956 resta aperta fino al 20 aprile 2019
Galleria Bellinzona, Via A. Visconti 12, Lecco
Orari:
martedì – sabato 14.30 – 19.00
sabato e domenica 10.00 – 12.30
altri orari su appuntamento
Contatti:
Tel. +39 0341365488 – Cell. +39 336341038
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