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SPARARE DI MENO E GUADAGNARE DI PIÙ: ECCO LA MAFIA IN LOMBARDIA

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Lecco, 12 marzo. Sparare di meno e guadagnare molto, molto di più, questo potrebbe essere lo slogan della mafia in Lombardia.

La cronaca di questi giorni sveglia violentemente le coscienze assopite dei lombardi sul problema della mafia presente e radicata nella nostra regione: 19 sono infatti gli arresti che i Carabinieri del ROS hanno effettuato negli scorsi giorni, tra Calabria, Bergamo e Brescia.

“La conoscenza del fenomeno mafioso è  un presupposto indispensabile per poterlo combattere, perché  solo con una chiara e puntuale chiave di lettura della sua complessità si possono individuare le necessarie politiche di  intervento”. Lo ha affermato l’assessore regionale alla Sicurezza, immigrazione e Polizia locale Riccardo De Corato, che ha  concluso la presentazione del secondo rapporto di ricerca ‘Monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardia’ illustrato  ieri a Milano a Palazzo Pirelli alla presenza, tra gli  altri, del Prefetto del capoluogo lombardo Renato Saccone, del  vicepresidente del Consiglio regionale Carlo Borghetti e del  presidente della Commissione Antimafia del Consiglio regionale  Monica Forte.

Nel 2017 Giunta e Consiglio regionale della Lombardia hanno incaricato PoliS-Lombardia di realizzare uno strumento finalizzato al monitoraggio della presenza mafiosa sul territorio lombardo, iniziativa per la quale si è sviluppata una preziosa collaborazione con l’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano, sotto la direzione del professor Nando Dalla Chiesa. I risultati più che positivi emersi da questo incarico hanno consentito la realizzazione di due edizioni di questo rapporto. Nel 2018 la prima edizione ha consentito di disegnare il profilo storico e le caratteristiche contemporanee della presenza mafiosa nella regione. “Nella seconda edizione, che si presenta oggi, abbiamo ritenuto, di intesa con l’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano, di indagare il ruolo che le organizzazioni mafiose sono interessate a giocare nell’ambito dell’economia cosiddetta legale – spiegano gli estensori del rapporto -, con una particolare attenzione agli ambiti in cui Regione Lombardia ha compiti di regolazione del sistema degli interessi, di autorizzazione e di nomina politica”.

Mafie in Lombardia: sanità, turismo e farmacie nel “brand” della malavita organizzata

Nel rapporto di “Monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardia”, presentato da Nando Dalla Chiesa, direttore dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata-CROSS dell’Università Statale di Milano, ha richiamato l’attenzione su settore molto esposto alle infiltrazione mafiose, che è quello della sanità. “Rappresenta una parte preponderante del bilancio della regione e rappresenta un’eccellenza della Lombardia – ha detto Dalla Chiesa –. La sanità è quindi un settore molto esposto. Sono emerse delle evidenze sul fatto che le acquisizioni in questo settore vengono decise direttamente in Calabria”.
Dalla Chiesa, che è anche docente dell’Università degli studi di Milano, ha richiamato l’attenzione sulle nuove aree di interesse della malavita. Tra queste l’acquisto farmacie e di appartamenti destinati al turismo. Il rapporto sulle mafie ricorda il caso del 2014 della la gestione del Lido di Paré finito al centro dell’inchiesta Metastasi.
“Secondo gli inquirenti, prima ancora che il bando per l’appalto del lido fosse stato reso pubblico, un esponente del clan Coco Trovato (ritenuto anche a capo della locale di ‘ndrangheta di Lecco) insieme a un consigliere comunale, membro della commissione urbanistica, avrebbero creato una società (poi affidata a un prestanome) con l’obiettivo di partecipare e vincere la gara – ripercorrono la vicenda i ricercatori dell’Osservatorio-  In questo caso, a seguito della denuncia di un altro consigliere comunale in merito a sospette irregolarità, l’operazione criminale non è infine andata a buon fine e i lavori nella struttura sono stati successivamente bloccati dalla prefettura che ne ha accertato le irregolarità procedurali”.
Infine lo smaltimento dei rifiuti: si legge nel rapporto rappresenti un settore di investimento relativamente nuovo per le organizzazioni mafiose presenti in Lombardia e, più in generale, nel nord Italia.
Brescia è la provincia lombarda maggiormente segnata (61 infrazioni, 5 arresti, 34 sequestri). Nel lecchese si contano 6 infrazioni, 10 denunce e 4 sequestri.

Il gioco d’azzardo

Sempre l’operazione Metastasi del marzo 2014 ha rilevato gli interessi del clan Coco Trovato nel settore dei Videopoker.
“Attraverso la società DBM Electronics, ritenuta dagli inquirenti ‘vicina’ al clan Trovato, i membri del gruppo imponevano ai gestori degli esercizi commerciali la diffusione delle loro apparecchiature – si legge nel rapporto –. Tale imposizione costituiva talora l’espediente per ottenere la proprietà delle aziende vittime dei soprusi. È questo il caso del Bar Rio ceduto dal suo precedente proprietario alla società Dos Loucos S.a.s, quest’ultima legata a Mario Trovato e a Claudio Bongarzone, nella cui struttura societaria compare appunto la DBM Electronics”.
Lecco: crescono le estorsioni
Il dato è preoccupante anche sul nostro territorio: le estorsioni denunciate sono aumentate molto negli ultimi anni, passando dai 16 episodi denunciati nel 2010 ai 46 del 2015, per poi attestarsi a 38 denunce nel 2016.

L’aumento in dieci anni è del 58%

“Le attività di natura estorsiva, così come altri reati, rappresentano come anticipato un fenomeno difficilmente quantificabile – avvertono dall’osservatorio –. L’esiguo numero di denunce da parte delle vittime, affiancato all’eterogeneità degli attori coinvolti e delle forme concrete che può assumere il reato, limita una sua stima attendibile”. Secondo il rapporto, il fenomeno in provincia di Lecco avrebbe i tratti distintivi delle organizzazioni legate all’ndrangheta e alla richiesta di ‘pizzo’ alle vittime.
“All’interno del contesto lombardo è ancora una volta la ‘ndrangheta l’organizzazione più frequentemente coinvolta nella pratica estorsiva, anche se in talune provincie sono i clan campani e siciliani a rivestire una posizione di rilievo. Quella del pizzo nella sua formula tradizionale (versamento diretto di denaro contro “protezione”) resta una pratica altamente diffusa nella regione, benché ormai da anni la Direzione nazionale antimafia segnali la presenza di nuovi metodi estorsivi impiegati dai clan – scrivono nel rapporto –. Essi non si verificano più unicamente tramite l’imposizione di un esborso, periodico o una tantum, di una somma di denaro, ma tendono piuttosto a esprimersi attraverso una pluralità di forme nuove, avvalendosi di modalità sempre più elaborate. A partire dalle false fatturazioni impiegate dai clan per celare condotte estorsive o usurarie, come emerge nelle provincie di Monza Brianza e Mantova. Ancora, dalle regalie e dai favori personali che si sostituiscono alla più tradizionale richiesta di denaro”.

 

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