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ECONOMIA LECCHESE: SEGNALI POSITIVI PER L’OCCUPAZIONE

ECONOMIA LECCHESE: SEGNALI POSITIVI PER L’OCCUPAZIONE

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Lecco, 10 febbraio 2023 – I dati dell’Osservatorio Congiunturale sulla seconda metà del 2022, realizzato dai Centro Studi di Confindustria Lecco e Sondrio e Confindustria Como, delineano per gli indicatori associati a domanda, produzione e fatturato un quadro caratterizzato da un leggero rallentamento congiunturale a fronte di un miglioramento tendenziale.

La variazione mediamente misurata rispetto al primo semestre dell’anno, quando era stata registrata una crescita di circa dieci punti percentuali (+9,6%) sui sei mesi precedenti, si attesta al -1,2%. Il confronto con il semestre luglio-dicembre 2021 mostra invece un incremento medio del +3,9% per ordini ed attività produttiva, e del +9,3% per il fatturato.

Sono in crescita, seppur con entità modeste, le previsioni per i primi sei mesi del 2023: in media la variazione attesa per i tre indicatori si attesta al +3,3%.

La capacità produttiva mediamente impiegata tra luglio e dicembre 2022 dalle aziende dei tre territori si attesta al 72,8%, al di sotto di quanto analizzato per la prima metà dell’anno (78,7%). All’interno del campione, le realtà con oltre 50 occupati rivelano un tasso di utilizzo (77,6%) superiore rispetto a quanto indicato dalle imprese di piccole dimensioni (70,1%). Per quanto riguarda i comparti di attività, si registra un impiego medio del 73,4% per le aziende metalmeccaniche e degli altri settori; per le realtà tessili il dato si attesta al 75,9%.

La produzione gestita attraverso il ricorso alla subfornitura determina un contributo di ulteriori sette punti percentuali; l’outsourcing coinvolge in prevalenza soggetti nazionali (5,4%) rispetto a partner esteri (1,6%).

Il fatturato realizzato oltre i confini nazionali tra luglio e dicembre 2022 risulta pari a circa un terzo del totale (32,2%), a conferma della marcata propensione all’internazionalizzazione che contraddistingue le realtà dei tre territori. La quota di export supera la metà del fatturato nel caso delle imprese di medie dimensioni (53,6%) e si attesta ad oltre un quinto del totale (21,5%) per le aziende fino a 50 occupati.

La struttura geografica dei mercati esteri serviti dalle imprese dei tre territori vede al primo posto l’Europa Occidentale, area dove è generata oltre la metà delle esportazioni e una quota pari al 17,9% delle vendite totali. Le merci sono inoltre dirette verso l’Est Europa (3,5%), gli Stati Uniti (2,5%), i BRICS (2,2%), l’Asia Occidentale (1,7%) e l’America Centro-Meridionale (1,6%).

I giudizi espressi dalle aziende del campione con riferimento all’andamento del fatturato nella seconda parte del semestre, in particolare nel periodo ottobre-dicembre 2022, tracciano un quadro in cui prevale la stabilità delle vendite mentre, in caso di variazione, le indicazioni di aumento incidono maggiormente rispetto a quelle di diminuzione.

Nel dettaglio, il fatturato per il mercato domestico è considerato in mantenimento per il 38% delle imprese, in espansione per il 36,5% e in diminuzione per il 25,5%.

L’export è segnalato stabile da due realtà su cinque (39,9%), in crescita dal 32,1% e in calo per il 28%.

Le criticità riguardanti le inefficienze nelle catene di fornitura e l’aumento dei costi di approvvigionamento delle materie prime e delle fonti energetiche, già ampiamente rilevate nel corso delle precedenti edizioni dell’Osservatorio, sono state confermate anche nella seconda metà del 2022.

Per quanto concerne i costi di acquisto, il 63,9% delle imprese ha indicato di aver registrato aumenti dei listini dei propri fornitori tra luglio e settembre, mentre tra ottobre e dicembre l’innalzamento dei costi ha interessato una quota pari a circa la metà del campione (49,7%).

Considerando invece le condizioni di approvvigionamento, oltre una realtà su due (54,2%) indica un’estensione delle tempistiche necessarie ad ottenere le merci, una realtà su tre (33,8%) segnala carenze nelle forniture di merci necessarie alla realizzazione dell’attività ed infine il 14,9% indica un peggioramento della qualità dei beni approvvigionati.

Le criticità fin qui elencate, in combinazione con gli elevati costi delle commodities energetiche, hanno continuato a generare effetti distorsivi sulle aziende dei tre territori, in particolare una contrazione della redditività per circa quattro realtà su cinque (78,1%), la necessità di riorganizzare il lavoro e l’attività produttiva per oltre due realtà su cinque (40,9%), il posticipo o il ridimensionamento degli investimenti aziendali per il 27,7% del campione nonché la limitazione e, in casi più estremi, l’interruzione temporanea dell’attività aziendale per il 22% delle realtà.

La prosecuzione dello scontro armato in Ucraina e la concomitanza con le misure sanzionatorie introdotte a livello internazionale hanno ulteriormente pesato sullo scenario generale. Le imprese del campione hanno segnalato una diminuzione della domanda, direttamente dalle zone coinvolte nel conflitto o per via indiretta, nel 31,3% dei casi, e una contrazione del fatturato e della quota di export nel 21,3%; in oltre due casi su cinque (43,2%) si sono inoltre intensificate le criticità di approvvigionamento.

I giudizi formulati riguardo i rapporti tra le imprese e gli Istituti di credito rivelano un peggioramento delle condizioni praticate in termini di spese e commissioni bancarie, richiesta di garanzie e tassi per oltre due realtà su cinque (45,7%) a fronte della stabilità indicata dal restante 54,3% del campione.

Per quanto concerne la disponibilità delle banche a concedere credito espandendo le linee esistenti o attivandone di nuove, l’11,7% del campione segnala una minore propensione ad esaudire le richieste, l’85,1% non indica variazioni e il restante 3,2% comunica una maggior apertura. Con riferimento alla liquidità aziendale, il 66,3% del campione ritiene il proprio quadro nella norma, il 17% esprime soddisfazione e il 16,7% ritiene la situazione migliorabile.

Tra luglio e dicembre 2022 lo scenario occupazionale delle imprese dei tre territori ha registrato una generale conservazione dei livelli, così come comunicato da oltre due terzi del campione (67,8%). In caso di variazione le dinamiche hanno riguardato principalmente l’aumento, segnalato dal 22% delle realtà, rispetto alla diminuzione invece indicata dal 10,2%.

Le previsioni per l’andamento dei primi sei mesi del 2023 confermano sia il prevalente giudizio di stabilità (76,3%), sia la maggior incidenza delle indicazioni di espansione dei livelli (19,4%) rispetto a quelle di contrazione (4,3%).

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