In occasione dell’anniversario della chiusura, avvenuta nel 1567, del convento dedicato a Maria Vergine, dalla cui trasformazione deriva l’attuale Villa Monastero, la Provincia di Lecco ha predisposto un percorso di rilettura delle vicende storiche che si riferiscono al cenobio cistercense, curato dal conservatore del museo Anna Ranzi.
“Una bella occasione per riproporre, attraverso un percorso fruibile per tutta l’estate mediante apposito dépliant, l’intenso passato della villa, mettendolo in relazione con le altre bellezze artistiche presenti nel territorio della Provincia di Lecco, legate alla storica casata dei Mornico originaria della Valsassina, dove ancora sono presenti e visitabili le miniere da cui provenivano le loro ricchezze” sottolineano la Presidente della Provincia di Lecco Alessandra Hofmann e la Consigliera provinciale delegata alla Cultura, Turismo e Villa Monastero Fiorenza Albani.
Le vicende della dimora si svolgono in un arco di tempo assai lungo: il suo attuale aspetto di dimora eclettica di fine Ottocento è il frutto di vari interventi che si sono sovrapposti in nove secoli di vita. Essa nasce infatti dalla trasformazione di un antico monastero femminile di fondazione cistercense, sorto alla fine del secolo XII per filiazione di quello di Acquafredda, nella vicina Lenno.
I lavori di edificazione della dimora sulle rovine del monastero spettarono alla famiglia valsassinese Mornico, che detenne la proprietà per più di tre secoli e la rese nota sul Lario come “Villa Leliana”, dal nome di colui che tra il 1609 e il 1645 trasformò il cenobio in residenza. Conserva tuttora l’impianto complessivo originario seicentesco, dovuto alla casata, come evidenzia l’arioso loggiato a lago. Nel 1869 il nuovo acquirente fu un personaggio di spicco del mondo milanese, Carolina Maumari vedova Seufferheld (1811-1894). La gentildonna era figlia terzogenita del negoziante di seta svizzero Giovanni Bartolomeo Maumari e di Maria Antonietta Blondel, sorella di Enrichetta, sposa di Alessandro Manzoni; la sorella sarà moglie del patriota Massimo d’Azeglio, che in prime nozze si era legato a Giulia Manzoni, figlia dell’autore de “I Promessi sposi”.
Le caratteristiche che oggi si possono leggere, pur con i mutamenti operati nel corso del primo ‘900 dalla famiglia De Marchi (proprietaria di Villa Monastero dal 1925 al 1936 e da questi lasciata per il pubblico utilizzo e per divenire sede di un museo), sono dovute nell’impianto complessivo al tedesco Walter Kees, il ricco imprenditore di Lipsia che acquistò la dimora nel 1897, la ristrutturò secondo il gusto eclettico del tempo e ampliò notevolmente il parco, fino a giungere all’estensione attuale di quasi due chilometri lungo il fronte lago.
Il monastero cistercense femminile rimase comunque in vita per quasi quattro secoli. Sembra che la sua fondazione sia da porre in relazione con la migrazione nel territorio di Varenna degli abitanti dell’isola comacina in seguito alle distruzioni operate dai comaschi nel 1169. La prima documentazione nota che fa riferimento al cenobio è una pergamena che risale al 1204, recentemente donata al museo e conservata in archivio.
Nei secoli seguenti Il convento crebbe con prosperità grazie a lasciti e donazioni, tanto che nel 1547 l’imperatore Carlo V concedette l’autorizzazione a convertire la somma di 400 scudi d’oro, che provenivano dalle doti e dalle elemosine, in beni rustici e urbani nel territorio di Milano. Nel frattempo nel 1313 era stato consacrato l’altare della chiesa, con concessione di indulgenze ai visitatori. Qui verrà collocata un’antica statua della Madonna, ritenuta miracolosa, ora posta nella chiesa delle Grazie di Varenna entro l’ancona seicentesca, mentre l’ancona cinquecentesca con le sante, che l’aveva preceduta, venne collocata nella chiesa parrocchiale dopo la chiusura del monastero e qui sono oggi visitabili.
Alla metà del secolo XVI il cenobio aveva perso importanza e il numero delle monache era assai ridotto, cosicché per volere di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, venne decretata la chiusura. Le professe che qui vivevano vennero mandate a Lecco nella nuova sede conventuale legata al lascito Longhi, e le altre a Pavia. La chiesa però rimase in vita e venne legata alla chiesa parrocchiale di Varenna: nel 1898 verrà chiusa al culto. Gli arredi e le ancone saranno trasferiti nella prepositurale e nella chiesa detta delle Grazie, e ancora qui si possono ammirare.
A Cortenova in Valsassina è situato l’oratorio privato di San Fermo edificato nel 1591 dalla famiglia Mornico, che conserva bellissime opere seicentesche e una statua di San Carlo (si ricorda che un personaggio della famiglia Mornico aveva assistito all’attentato al vescovo, come riprodotto in un bel dipinto qui collocato, insieme a un altro che raffigura la famiglia), e sarà reso visitabile durante l’estate grazie alla collaborazione della Parrocchia.